Monumenti - Duomo di Trento -  Cappella Alberti

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Il Crocifisso della Cappella Alberti

 

Il Crocifisso - paricolare

 

Il Duomo di Trento

La Cappella Alberti o Cappella del Crocifisso è a pianta quadrata con cupola, elevata tra il 1682 e il 1687 dal principe vescovo Franco Alberti-Poja per ospitare, appunto, un grande Crocifisso lignei, davanti al quale furono proclamati i decreti conciliari. E' situata nella zona nord del duomo di Trento, spostata sulla sinistra, vicina ad una delle 4 entrate alla cattedrale. Si tratta di un capolavoro attribuito allo scultore di Norimberga Sixtus Frei, realizzato agli albori del Cinquecento, unitamente alle statue della Madonna Addolorata e di San Giovanni Evangelista. Le tre sculture erano collocate, ai tempi del Concilio, sull'altare della Santa Croce in testa alla navata maggiore, davanti all'arco mediano che immetteva nella cripta di Santa Messenza. Questultima fu rimaneggiata nella seconda metà del Seicento e distrutta in occasione dell'elevazione del nuovo altare maggiore a baldacchino. All'ingresso della Cappella Alberti, sui basamenti delle statue barocche della Maddalena e della Veronica, opere dello scultore trentino naturalizzato viennese, Paul Strudel- sono incise iscrizioni commemerative del Concilio, del restauro della cappella promosso nel 1845 dal vescovo Giovanni Napucemo de Tschiderer e delle visite pontificie del 1782 (PioVI) e sel 1995 (Giovanni Paolo II). L'epigrafe posta ai piedi della Veronica dichiara: ECCE CRVCEM DOMINI AD CVIVS SANCTISSIMOS PEDES IN HOC SACROSANCTO CONCILIO TRIDENTINO FIDEI NOSTRAE DECRETA IVRATA RT PUBLICATA SVNT. L'interno della Cappella, cui si accede attraverso una magnifica cancellata barocca in ferro battuto, è decorata a stucchi e affreschi, in questi ultimi dipinti dal pittore fiemmese Giuseppe Alberti, autore del progetto della cappella. Le pareti laterali sono ricoperte da due grandi tele del pittore bavarese Johann Carl Loth, raffiguranti rispettivamente l'Adorazione dei pastori e la Resurrezione del Cristo. Il grande altare barocco è opera di Paul Strudel, mentre il gruppo del Peccato Originale, collocato al centro della cimasa è stato recentemente attribuito a Cornelis van der Beck. Per tutto il 2008 la Cappella è stata chiusa al pubblico senza le sculture lignee e solo ad inizio 2009, il Crocifisso, dopo una pausa in laboratorio di una decina di mesi, è tornato nel posto, che gli appartiene da sempre. Fin dalla scorsa estate, il gruppo scultoreo della Cappella del Crocifisso non aveva mai lasciato la Cattedrale trentina se non durante la Seconda Guerra Mondiale, nel timore dei bombardamenti. Ne è uscito di nuovo, per nuove ragioni di conservazione, per un salutare ricovero .Il capolavoro cinquecentesco del Frei ha subito una lunga e delicata operazione di restauro. Vi lascio immaginare con quanta responsabilità e quanta cura l'oggetto è stato trattato in laboratorio. Oggetti da sempre caro alla devozione popolare, il gruppo scultoreo davanti al quale si svolsero le sessioni solenni del Concilio di Trento, conserva viva la memoria dell'evento che,  convogliò nella piccola città di Trento i principi della Chiesa e i rappresentanti delle maggiori potenze europee. Ad accompagnare il monumentale Crocifisso sulla via del restauro, sono state le statue della Vergine e di San Giovanni Evangelista. Il Crocifisso ha avuto fin dall'inizio enorme importanza all'interno della Cattedrale, a questa opera infatti, si collegano i nomi di personaggi di assoluto rilievo storico e culturale. Nicolò Rasmo attribuì la sua realizzazione all'intagliatore di Norimberga Frei, da un documento ritrovato a Trento, negli anni 1511 e 1515, quando quì a Trento regnava il vescovo Giorgio di Neydeck, stretto collaboratore dell'imperatore Massimiliano I d'Austria, più volte presente a Trento e devoto della Crocifissione. La progettazione del restauro ha posto un importante problema di metodo, relativo all'assetto coloristico del gruppo. In un'epoca non troppo lontana, infatti, le superfici sono state ricoperte da uno strato nerastro di bitume, steso forse per smorzare i toni vivaci dell'originale o più ancora,  per coprire danneggiamenti e cadute di colore. La scelta condivisa, dopo un'attenta

 

Cliccando sulle immagini si ottengono le stesse ingrandite

 

valutazione, è stata quella di rimuovere questa patina per   fare affiorare la splendida policromia originale, accurata e preziosa. Oggi sono tornati alla luce le tinte brillanti e le raffinate lacche applicate anticamente, assieme alle finezze di un intaglio che permette di riconoscere al Frei un'ottima conoscenza dell'anatomia e della scultura italiana. In parallelo con le analisi chimiche e stratigrafiche, l'indagine cronologica sulle essenze lignee ha permesso di spostare verso il 1560 la datazione della croce, evidentemente sostituita al tempo dei lavori conciliari. Oggi tutti possono, sostando in devozione nella Cappella, di nuovo, ammirare questo capolavoro nella sua cornice tradizionale, mentre gli studi in corso potranno fare nuova luce anche sulla sua collocazione originale e sulle vicende che hanno preceduto il suo approdo nella Cappella del Crocifisso, inaugurata nel 1687 dal vescovo Alberti Poja.

 

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