Monumenti -
I Grifoni del Duomo di Trento
Il Grifone di sinistra
custode della
sacralità del luogo. Sull'abside del duomo
di Trento, il draghetto di sinistra ,
nello sforzo di liberarsi dalla presa del
sovrastante Grifone, ne addenta la poderosa
zampa destra e con la coda terminante a
testa di serpente, ne morde la coscia
posteriore. Pure il drago di sinistra
addenta sulla zampa il Grifo subendone
comunque l'evidente superiorità ed è
mancante della coda a testa di serpente,
sebbene la coda affusolata all'estremità sia
nella identica posizione di quella del
draghetto della parte opposta. L'animale di
destra ha il muso più rotondo, quasi da
felino, mentre quello di sinistra ne ha uno
più allungato con il grugno da suino. Di
entrambi si scorgono due piccole ali e le
zampe anteriori. Sostanzialmente le due
figure non differiscono di molto anche se il
grifo di sinistra presenta evidenti
connotati maschili e grossi ciuffi di peli
sulle zampe anteriori liscie. Le teste sono
identiche con grande becco aquilino, tondi
occhi frontali, una rada peluria scende
dagli occhi verso il becco, orecchie ritte
anche se purtroppo risultano spezzate,
criniera a larghe squame a ricoprire il
collo, corpo leonino munito di due grandi
ali rivolte verso l'alto ed attaccate
all'altezza delle scapole. Una parte
dell'ala, o probabilmente una seconda ala,
più piccola, scende quasi a ricoprire
l'attacco della zampa al busto. Le
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I due Grifoni,
dell'abside maggiore del duomo di Trento,
situati ai lati della grande finestra
centrale, sono con ogni probabilità elementi
di recupero provenienti da una precedente
costruzione e quì riutilizzati. Posti in
opera, per essere visti di fianco, si
contrappongono l'uno all'altro. Entrambi
alati e con grande becco aquilino e corpo
leonino, sono accovacciati sulle gambe
anteriori, mentre quelle posteriori tengono
in parte sollevato il sedere. Tra le zampe
dai lunghi artigli, trattengono un piccolo
drago il cui corpo si attorciglia sotto
quella della fiera, che con aria distaccata
aspetta il momento opportuno per sferrare il
colpo mortale. Il grifone fin dall'antichità
fu considerato il fedele custode dei tesori,
custode del giardino delle Esperidi,
dell'orto di Delfo e del tempio di Esculapio,
mentre con il cristianesimo assume il
simbolo del "maligno" che attacca il
cavaliere cristiano, sbrana gli animali ed
è, in oltre, terrificante e violento. I
Grifoni "dotati dei sensi acuti dell'aquila
e della forza del leone, creati in parte per
la custodia, sono i guardiani dei simboli
della vita...". "Nella loro qualità di
vendicatori esse sono associati alla Nemesi
e ne sostengono il simbolo: la ruota". E',
secondo alcuni, la ambigua personificazione
del bene e del male,
Il Grifone di destra |
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ali sono scandite
prima da quattro righe in senso verticale di
piccole piume quasi a riprendere il motivo a
squame del collo, poi da tre ordini
sovrapposti di larghe piume restringentesi
dall'alto verso il basso in senso
orizzontale. E proprio nell'esecuzione delle
piume intorno al collo e delle ali che si
possono notare delle piccole differenze tra
i due animali, non tali però da poter
supporre l'intervento di un diverso maestro
lapicida. Sul dorso, in parte coperto alla
vista dallo
Particolare
con il Grifone di Sinistra e di Destra
sporgere delle
ali, gli animali reggono, non sovrapposto ma
ricavato dallo stesso blocco di pietra, una
base ottagonale per
l'appoggio di una
colonna ed è proprio per l'appoggiarsi su
questa base singola di una doppia base dalla
quale partono le
due colonne
annodate che è evidente che i due grifoni
sono stati riutilizzati. infatti da una più
accurata osservazione si è potuto notare che
entrambi i grifoni furono lavorati a tutto
tondo, sia per ricchezza di particolari che
di levigatura mentre presentano sul fianco
addossato alla muratura del duomo una
grossolana scalpellinatura resasi
probabilmente necessaria per far
maggiormente aderire le sculture alla
curvatura dell'abside. Si deve inoltre
considerare che, con ogni probabilità, se i
nostri due grifoni fossero stati realizzati
per la costruzione del duomo voluto dal
Vanga e per la posizione ove ora si trovano,
ci si sarebbe comportati nella lavorazione
del materiale lapide, come per i capitelli
delle doppie colonne annodate, così come in
generale per le altre parti. Si sarebbero
cioè realizzati gli stessi elementi a
rilievo in un blocco di pietra con la parte
terminale inserita nella muratura, quale
concio della stessa; sistema che lega
l'elemento decorativo alla muratura ed
aumenta la stabilità di quest'ultima.
Madonna con bambino, detta
degli annegati:
per la lunga collocazione nella nicchia
esterna sul prospetto nord, ma dal Rasmo
ritenuta realizzata per il portale maggiore.
Il Baroni vede affinità con la Madonna,
detta degli annegati di Trento e il
monumento a Virgilio del Palazzo Comunale di
Mantova. Discordi e svariati sono stati i
pareri degli storici dell'arte sulla
datazione di questo pregevole
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Madonna con bambino, detta degli annegati: |
Leone Stiloforo |
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monumento. La
scultura fu sicuramente realizzata per il duomo e sino all'anno 1880
era ancora policroma, il colore fu rimosso a causa di un discutibile
restauro con pulitura. Interessante l'iconografia della Madonna con
le trecce scendenti sulle spalle e lo sguardo fisso che rivelano un
modello ideale femminile nordico; il naturalistico atteggiamento
della Vergine con il capo leggermente spostato da una parte per
controbilanciare il peso del bambino e per poterlo abbracciare con
un solo sguardo, dando alla figura quel movimento tipico delle
Madonne del Pisano; la figura del Gesù
Cliccando sulle immagini si
ottengono le stesse ingrandite
chiaramente
ancora di ispirazione bizantina sia nei gesti che nel panneggio. Il
Leone Stiloforo che si vede nella foto
a destra è una caratteristica della architettura romanica lombarda,
derivati dai leoni funerari romani che sono spesso presenti nelle
architetture romaniche italiane e doltralpe e costituiscono una
particolarità, non ancora criticamente indagata, che nei molteplici
esempi che vanno dai leoni stilofori dell'abazia di Nonantola a
quelli dei portali sud-est e nord del duomo di Trento, da quelli
medievali del duomo di Treviso a quelli di Verona che rivelano una
comune radice.
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