La collina di Trento - Meano

 

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Vedute del campanile della chiesa di Meano

 

A nord di Trento, sui fianchi del Calisio, di fronte alle cime della Paganella, il territorio di Meano, una serie di terrazzi che compongono un piccolo altopiano affacciato sulla Valdadige, ha rappresentato nei secoli una realtà ricca di storia e di presenza umana. Di qui passava il ramo principale di una strada romana, la Claudia Augusta Padana, che risalendo da Porata Aquileia (Port'Aquila) dove si incrociava con la Altinate, raggiungeva Martignano, scendendo poi a Gardolo di Mezzo (nei pressi del quale è stato trovato un tratto di acciotolato), per giungere a Meano e proseguire verso l'Avisio, varcandolo a San Lazzaro, dirigendosi al nord. Paese quindi di antichissima origine, luogo di ritrovamenti preistorici e romani. Sino al 1928, quando venne annesso al Comune di Trento, il territorio di Meano ha sempre fatto parte di una Comunità che comprendeva Gardolo di Mezzo, Cortesano, Vigo, Meano, Gazzadina e San Lazzaro. Ma quest'ultima frazione, divisa com'è da Lavis, solo da un ponte, è sempre gravitata sul centro allo sbocco dell' Avisio, mentre Gardolo di Mezzo, da cui si è sviluppato Gardolo in pianura (come abbiamo avuto modo di chiarire parlando di questo sobborgo) fa un po' storia a se. La nostra attenzione verterà quindi soprattutto sugli altri abitati che si distribuiscono ad un' altitudine che va dai circa 350 metri di Meano ai 565 di Cortesano. Meano è nominata in un placito dell'845, col nome di Miliano; forse il suo nome risale a Meàn, la dea dei Mani, ovvero delle anime dei morti, che in epoca romana vi aveva probabilmente un culto. Il Muratori nelle sue «Antichità Italiche» ci fa sapere che Meano, assieme a Pressano e Albiano (il suffisso in ano, latinamente anum ci indica chiaramente le origini romane di questi paesi) già nell'845 era una comunità libera. Una notizia importante, riferita dal massimo storico italiano del 1700. Le origini del nome Vigo sono chiaramente da riferirsi al latino «vicus», ossia villaggio; Cortesano deve il suo nome a «Curtis sana», ovvero corte salubre. Nella «corte» il principe riuniva periodicamente il suo rappresentante a riscuotere le tasse e amministrare la giustizia. È probabile che ciò avvenisse nel luogo dove poi sorse il castello. Quanto a Gazzadina la parola «gaggio» significa bosco tagliato; San Lazzaro infine deve il suo nome all'ospizio dove venivano ricoverati i lebbrosi. La chiesetta è ricordata nel 1376, l'ospizio è del 1237. Oggi Meano non è un villaggio a se stante, ma una zona privilegiata dalla natura e piena di insediamenti umani. Essendo la regione collinare trentina meno conosciuta, forse la più dimenticata e quindi la meno frequentata, ha conservato la schiettezza paesana del contado di Trento, rilevabile nelle tradizioni, nel costume di vita e nel dialetto. Persino le famiglie nobili, borghesi o

 

piccolo borghesi, che nel lungo tempo fiorirono quassù, subirono l'assimilazione del sedimento locale e si confusero pittorescamente, pur sempre vantando case più solide, poderi più vasti e lunghi alberi genealogici. E' una delle piacevoli caratteristiche di questi colli solatii, dove la pineta sta invadendo i campi meno redditizi, le strade acciotolate vanno a curiosare nei masi discosti dove si può ancora bere il gustoso vino della botte del contadino. Le traversie di siffatta

                                                                                          Una nave su in collina

antica terra furono molte e complicate, mai essenziali per fare storia a se. In passato si è avuta la proprietà accentrata per lo più sui nobili borghesi e poi l'attività mineraria che ha crivellato le pendici del Calisio, provocando nel frattempo immigrazione a volontà. In seguito, con molto profitto, si è intrapreso l'allevamento del baco da seta che si è protratto fino alle porte dell'ultima guerra. Meano gravita su Trento e fornisce le braccia al lavoro, ricavandone da vivere. Quì si dice, che fin dai tempi antichi venivano portati da lontano, i bambini a battezzarsi al fonte della chiesa dell'Assunta. Cosa tali leggende celino è ignoto. Forse sono una distorta comprova, a sfondo campanilistico, dell'antico lusso della Pieve che pur essa è intitolata all'Assunta al pari delle più vetuste consorelle tridentine. Le vicende umane hanno

cancellato il ricordo del primitivo edificio romanico, tranne forse per la parte riguardante il campanile, con la sua snella cuspide piramidale, alla ghibellina, giusto l'uso medievale degli edifici sacri che si ravvisano con frequenza nella zona trentina, che geograficamente vorremmo appellare del "porfido". La Pieve di Meano è stata oggetto di vari rifacimenti. Le case le si stringono attorno, pittoresche, massicce, annerite e malandate negli anni. Talune conservano il marchio della nobiltà, altre porgono al sole di mezzogiorno, le rastrelliere e i ballatoi della tradizione trentina, ostentando con amabile pervicacia le gialle pannocchie di granoturco. Visse da queste parti un pievano, tale Iacopo Trentini, che lasciò

 

 

 

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un ricordo "visivo" nella chiesetta del paese, a sue spese costruì l'altare maggiore, facendo apporre sulle porte laterali d'ingresso al coro lo stemma di famiglia. Morì nel 1758. Fu la sua ultima opera terrena perchè volle lasciare in pegno "alla sua sposa", vale a dire la chiesa, come dice l'epigrafe latina murata a sinistra del presbiterio. Il suo successore F.A. Gentili de Wortz, fece dipingere il quadro, molto venerato, della Madonna del Buon Consiglio, che è una fedele copia dell'originale, conservato nella chiesa delle Agostiniane di Roma. La pala dell'Assunta, discreto lavoro del Seicento, restaurato nel 1764, nasconde invece la nicchia nella quale si custodiva quella Madonna lignea generosamente donata, superando le beghe e l'atavico campanilismo, da Meano a quelli di Vigo. La pieve nel 1958 fu saggiamente restaurata e tinteggiata e la Cappella del Rosario costruita in epoca barocca. Buoni stucchi adornano la volta a cupola che prende discreta luminosità dalla lucerna dove un Cristo dipinto si affaccia benedicente sul sacello. Di ignoti artisti dell'epoca sono le due tele ai lati (nascita di Gesù e Adorazione dei pastori), le storie dei santi domenicani e dei miracoli della Madonna del Rosario dipinti sulle facce dei due pilastri dell'arcone. Rovinata da un artigianale restauro è la pala dell'Altare.

 

Cortesano

 

"Alcune notizie sono prese dal libro:Strade e volti della collina di Meano di Aldo Gorfer"

 

 

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